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Attacco aereo e affondamento

Affondamento_corazzata_Roma_1943-9-9_map

Ore 144709

Un ricognitore tedesco (avvistato dal cacciatorpediniere Legionario) osservò la manovra e la nuova rotta assunta dalla Flotta e comunicò quindi i relativi dati al suo Comando.

Ore 145009.

I tedeschi, appena ricevuto l’avvistamento relativo all’accostata a un tempo della Flotta di 180° a sinistra, e che questa aveva assunto la rotta per uscire dal Golfo dell’Asinara, dettero disposizioni alla 2a Luftflotte di attaccare le FF.NN.BB. Decollarono quindi dall’aeroporto di Istres, in tre ondate, ventotto “DO217”, dei quali undici del II KG 100 (trasferiti da Cognac) e diciassette del III KG 100

Fu avvistata una formazione aerea e dato l’allarme aereo.

Ore 151509

La formazione aerea, costituita da undici velivoli, venne riconosciuta per tedesca e, dato il rilevante numero di velivoli, il CC.FF.NN.BB. alzò a riva il segnale P.3 che significava “Posto di combattimento pronti ad aprire il fuoco”. 

Ore 151609

Ore 153709

I primi cinque aerei tedeschi, che erano comandati dal maggiore Jope, avevano ormai superato il punto fino ad allora previsto per lo sganciamento delle bombe, e quindi dovevano considerarsi in allontanamento (volavano infatti ad una quota superiore a 5.000 m ed erano vicini alla verticale del bersaglio, su di un sito 80° anziché di 60°). Non sussistevano quindi elementi tali da far giudicare il loro volo come “una definita azione ostile”. Ci si trovava pertanto nella impossibilità di aprire preventivamente il fuoco allorché gli aerei sganciarono la prima bomba la cui codetta luminosa, data l’altezza alla quale volavano gli aerei, fu inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento. Subito dopo ci si rese conto che si trattava di una bomba e fu dato ordine alle artiglierie contraeree delle FF.NN.BB di aprire il fuoco e tutte le navi della Flotta entrarono in azione immediatamente. Data però l’elevata quota a cui volavano gli aerei tedeschi i cannoni italiani dovevano sparare alla massima elevazione. Con tale alzo, pur rendendosi difficile la precisione del tiro, si ottenne ugualmente un efficace fuoco di sbarramento.

 

L’ammiraglio Biancheri, sempre nel suo “Rapporto”, così riferì l’azione di fuoco delle FF.NN.BB.: “L’intera formazione comincia a zigzagare a tutta forza e apre istantaneamente il fuoco contro gli aerei attaccanti. Il volume di fuoco è molto intenso”.

Non poterono però essere catapultati i caccia, sia per la sorpresa dell’attacco degli aerei tedeschi, sia per la rapidità della loro azione.

Una prima bomba cadde 50 m a prora dell’incrociatore Eugenio di Savoia, sede del Comando della 7a Divisione navale, senza provocare danni. Una seconda bomba cadde vicinissima alla poppa della corazzata Italia facendo saltare, in centrale elettrica, i massimi. La nave governò, ma solo per poco tempo, con il timone rimasto alla banda, i massimi furono subito rimessi in funzione e non si verificarono altri danni

Ore 154209

Un aereo isolato, facente parte del II KG 100 raggiunse la Roma di poppa e a dritta. Sulla corazzata entrarono subito in azione le batterie da 90 mm di dritta, che erano in punteria dalle 15.20, mentre non poterono essere impiegate le torri di medio calibro da 152 mm perché gli aerei tedeschi avevano un sito molto alto. Subito dopo spararono anche le batterie di sinistra da 90 mm dato che la formazione aerea tedesca era entrata nel loro raggio di azione.

La Roma fu colpita da una prima bomba PC-1.400X nella parte centrale, sul lato destro, tra la Torre 9 e la Torre 11 delle batterie contraeree da 90 mm. La bomba attraversò l’unità per tutta la sua altezza e scoppiò poco al di sotto della chiglia, provocando l’allagamento del locale caldaie e macchine di poppa. I danni causati immobilizzarono le due motrici relative alle eliche della estrema poppa, riducendo la velocità da 22 a 16 nodi, inutilizzarono gli apparecchi della Punteria Generale per la direzione del tiro contraereo di destra, interruppero i contatti elettrici e telefonici, ivi compresi quelli del tiro contraereo, e si verificò una falla attraverso la quale imbarcò acqua. La nave si inclinò sulla destra e venne controbilanciata allagando a sinistra.

Mentre la Roma stava effettuando un’accostata di 60° a sinistra, l’aereo pilotato dal sergente Kurt Steinborn, sganciò, sul sito 80° una bomba PC-1400X avendo come obbiettivo tale corazzata. Il puntatore, sergente Eugen Degan, seguì in punteria la bomba che colpì la Roma al centro-prora a sinistra. La bomba si infilò tra il torrione corazzato (dove si trovavano la Plancia Comando, la Plancia Ammiraglio nonché la Direzione di Tiro dei grossi calibri) vicino al fumaiolo di prora, la torre N. 2 dei cannoni di grosso calibro da 381 mm e l’impianto dei cannoni di medio calibro da 152 mm. La bomba scoppiò nelle vicinanze del locale motrice di prora e causò inizialmente una fuga di vapore nonché l’allagamento delle macchine di prora, le cui motrici si bloccarono. La nave quindi proseguì solo per abbrivio. Contemporaneamente deflagrò il deposito munizioni da 152 mm e per “simpatia” (termine usato in Marina per comunicare che la deflagrazione di un deposito munizioni causa la deflagrazione di un altro deposito munizioni posto nelle immediate vicinanze) deflagrò anche il deposito munizioni della Torre n. 2 dei cannoni da 381 che venne lanciata in aria.

In conseguenza della deflagrazione delle munizioni si alzò una densa colonna di fiamme e fumo che raggiunse altezze intorno ai 400 m che avvolsero completamente il torrione corazzato; la nave venne quasi sollevata in aria e ricadde immediatamente iniziando a sbandare sul lato destro. Le riservette delle mitragliere antiaeree (armadi nei quali vengono conservate le munizioni vicino ai singoli pezzi) si incendiarono. Pertanto, i proiettili in esse contenuti prendendo fuoco, vennero lanciati in aria, ferendo gravemente e uccidendo diversi marinai.

Ore 155209

La Roma, così gravemente colpita, si capovolse spezzandosi in due tronconi che affondarono verticalmente.

Ore 161109

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